Oggi, 24 luglio, ricorre l’anniversario della nascita di Jean Webster, autrice presente nel catalogo Caravaggio Editore con tre romanzi (Papà Gambalunga, Caro nemico e Il mistero di Four-Pools) e un racconto (Una parabola per mariti). In occasione di questo evento, il Webster Pack è stato ampliato con l᾽aggiunta di un prezioso documento storico tradotto per la prima volta in italiano: un’intervista riguardante lo studio degli orfanotrofi americani che la scrittrice rilasciò al «Brooklyn Daily Eagle» e che fu pubblicata il 28 novembre 1915.1«The Brooklyn Daily Eagle», Claims That Orphan Asylums Fail to Fit Children For Life: Jean Webster Arraigns System in Vogue in Majority of American Institutions, 28 novembre 1915, p. 8. Un brevissimo estratto dell᾽intervista si può leggere anche nel numero di febbraio 1916 della rivista mensile «National Humane Review»; inoltre è riportata, con sostanziosi tagli, nella biografia dell’autrice, Jean Webster: Storyteller.2A. and M. Simpson with R. Connor, Jean Webster: Storyteller, Tymor Associates, Poughkeepsie, 1984, pp. 190-192.
L’articolo, dal titolo “Dichiara che gli orfanotrofi non riescono a preparare i bambini alla vita vera: Jean Webster incrimina il sistema in voga nella maggior parte degli istituti americani”, dimostra la sentita attenzione della scrittrice nei riguardi di minori soli e bisognosi di affetto, abbandonati in istituti che non hanno a cuore né la loro salute né la loro educazione. Tali sono le tematiche che, come precisato nelle prime battute dell’intervista, Webster tratta in Papà Gambalunga (romanzo, ma soprattutto opera teatrale, in cui dedica un intero atto – il più lungo della commedia – all’Istituto John Grier) e Caro nemico, e a cui si avvicinò sin dalla tenera età grazie all’influenza materna. In seguito, fu al Vassar College che approfondì le questioni economiche e sociali e fu coinvolta nel Settlement Movement, movimento riformista che prevedeva la creazione di case di accoglienza per colmare le disuguaglianze tra borghesi e meno abbienti e per ridurre la povertà; in quel periodo, e nell᾽arco della sua intera esistenza, visitò prigioni e orfanotrofi. Dopo aver preso dimora in una vecchia casa al civico 55 di West Tenth Street a New York, ebbe contatti con gli operatori sociali del Greenwich Village.3D. Zabriskie Doty, Jean Webster, in «The Century Magazine», novembre 1916, Vol. XCIII, in Jean Webster, Introduction to Daddy-Long-Legs, New York, Grosset & Dunlap, 1940, pp. 12-13. Diventata membro del comitato per riformare le prigioni, visitò regolarmente il Sing Sing Correctional Facility, stringendo amicizia con il direttore Thomas Mott Osborne (citato nell’intervista), con i detenuti e con le guardie.4E. T. James, J. Wilson James, P. S. Boyer, Notable American Women, 1607-1950: A Biographical Dictionary, Vol. 2, Cambridge, Belknap Press of Harvard University Press, 1971, p. 555.
Inoltre, partecipò a conferenze riguardanti quelle problematiche che le stavano a cuore, tra cui quella tenuta il 30 maggio 1915 dal prof. James Chidester Egbert – docente di lettere classiche alla Columbia University e direttore di un dipartimento che si occupava di educare il popolo al di fuori delle mura delle istituzioni scolastiche e universitarie – in merito a un aiuto che le università americane avrebbero potuto profondere nel miglioramento dell’istruzione dei detenuti.5«The New York Times», Would Educate Convicts: Prof. Egbert Points to New Field for College Graduates, 1 giugno 1915, p. 19.
Tuttavia, l’impegno di Jean Webster non ricevette sempre un plauso: nel numero del 2 dicembre 1915 il «Brooklyn Daily Eagle» pubblicò una lettera da parte di Siegfried Geismar, direttore dell’Hebrew Orphan Asylum di Brooklyn (dove, per inciso, Webster non si era ancora recata, come dichiara lei stessa nell’intervista), inviata alla redazione il 30 novembre 1915, in cui quest’ultimo, in risposta all’articolo di cui sopra, lamentò la superficiale intervista a Webster che si dimostrava non costruttiva ma distruttiva, perché danneggiava l’immagine degli orfanotrofi e aumentava il pregiudizio nei loro confronti.6«The Brooklyn Daily Eagle», Thinks Jean Webster errs: Believes That She Has Done “Incalculable Harm.”, 2 dicembre 1915, p. 23.
Nonostante le difficoltà, Webster fece del suo meglio per essere costantemente impegnata nel sociale: come specificato anche nell’articolo, fu un attivo membro della State Charities Aid Association, dove il 18 gennaio 1915, secondo il numero di venerdì 4 dicembre 1914 del «Brooklyn Daily Eagle», si sarebbe tenuta una rappresentazione della commedia Papà Gambalunga per gli orfani.7«The Brooklyn Daily Eagle», Theatre Topics, 4 dicembre 1914, p. 15. Fu proprio quest’opera dell’autrice a scatenare una concatenazione di atti benefici, come la promozione da parte della suddetta associazione delle Daddy Long-Legs Leagues – a cui si aggiunse la vendita delle bambole di Papà Gambalunga con l’aiuto della Settlement Association –,8A. and M. Simpson with R. Connor, Jean Webster: Storyteller, cit, p. 181. e di ulteriori aiuti nell’ambito della sistemazione degli orfani in accoglienti dimore in cui fu coinvolta anche Ruth Chatterton, l’attrice protagonista della commedia.9«The Brooklyn Daily Eagle», Wanted⸺A Daddy Long Legs, 10 novembre 1914, p. 23.
L’articolo, pubblicato in prima traduzione italiana, è offerto come approfondimento agli ultimi due romanzi di Jean Webster, e aiuta a comprendere lo studio e l’impegno sociale che precede il processo creativo, dando ulteriore conferma del fatto che gli avvenimenti narrati nelle sue opere sono spesso ispirati a esperienze di vita privata.
Articolo a cura di Miriam Chiaromonte
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