L’amicizia nella sua forma più pura è il sentimento ideale: non prevede alcun tipo di do ut des, si è amici senza pretendere nulla in cambio l’uno dall’altro. Neanche l’amore di coppia è così, perlomeno non nelle sue fasi iniziali. Soltanto quando si raggiunge una forte intesa l’amore inizia a fondersi con l’amicizia ed è proprio in quel momento che di solito si coglie una evoluzione del rapporto. Tornando all’amicizia, si può definire il sentimento ideale perché a unire le persone è soltanto una fortissima affinità elettiva, non una attrazione erotica o una implicita pretesa che l’altra persona soddisfi degli ideali fisici o sociali. Esistono numerosi esempi di grandi amicizie letterarie che descrivono bene questo tipo di legame.
La genialità nell’amicizia, secondo Elena Ferrante.
La saga de L’amica geniale (2011-2014) è la produzione letteraria che definirei più esaustiva sul tema. Questa serie di libri dell’autrice napoletana Elena Ferrante è incentrata sull’amicizia tra Lenù e Lila. Si parte dalla loro infanzia in uno dei rioni più poveri e disagiati di Napoli e i quattro romanzi seguono le protagoniste sino alla mezza età. La peculiarità di questa amicizia è la sua autenticità: l’autrice non racconta un legame perfetto, ma fa l’esatto opposto. Lenù e Lila passano attraverso varie fasi nel loro rapporto, molto gioiose e positive ma anche estremamente complesse, in cui si mortificano e si perdono.
“Forse devo cancellare Lila da me come un disegno sulla lavagna, pensai, e fu, credo, la prima volta. Mi sentivo fragile, esposta a tutto, non potevo passare il mio tempo a inseguirla o a scoprire che lei mi inseguiva, e nell’un caso e nell’altro sentirmi da meno.” Questa riflessione, declinata in modi diversi, è spesso esternata dalla narratrice della storia, Lenù. Lei vede in Lila un riferimento al quale tendere per allontanare da sé lo squallore del rione; nel contempo si sente anche soffocata da questa presenza ingombrante, evidentemente geniale ma anche ingabbiata per sua volontà in dinamiche limitanti e limitate. Perché Lila è davvero un genio, è lei l’amica geniale del titolo: impara a leggere e a far di conto da sola, a tre anni, scrive un breve racconto a sei anni, inventa scarpe straordinarie che è appena adolescente, padroneggia la tecnologia dei primi computer quando ancora il mondo non li conosce. Ma se, a un certo punto, sappiamo con certezza che l’amica geniale è Lila, sappiamo anche che per Lila l’amica geniale, quella che ha saputo coniugare studio, dedizione, metodo, creatività, è Lenù. L’una è dunque l’amica geniale dell’altra per ragioni diverse.
Le sorelle March e Laurie, secondo Louisa May Alcott.
Elena Ferrante nei romanzi della saga cita diffusamente Piccole Donne, dell’autrice americana Louisa May Alcott, come esempio di ideale letterario. Pubblicato nel 1868, questo romanzo ha saputo raccontare l’amicizia sia tra sorelle che tra uomini e donne. Le sorelle March racchiudono, nel loro microcosmo fatto di valori saldi e buoni propositi, varie tipologie caratteriali: abbiamo l’indipendente Jo; c’è Meg, angelo del focolare; poi troviamo Beth, fragile e timida, e infine Amy, la più piccola e viziata, nemesi di Jo. Alcott spiega che anche tra sorelle e fratelli esistono affinità caratteriali, per cui capiamo presto che “la migliore amica” di Jo è Beth, mentre la protetta di Meg è Amy. E non solo: Alcott tratta anche il tema annoso dell’amicizia tra uomo e donna, analizzando il legame tra Jo e Laurie, da subito riferimento maschile importante per le quattro ragazze che, ricordiamo, trascorrono molti mesi senza il loro padre, partito per la Guerra di Secessione. Tra Jo e Laurie nasce dapprima un’amicizia cameratesca ma poi nel cuore di Laurie nasce l’amore, che lo spinge a dichiararsi e a rovinare il rapporto. Se dobbiamo attenerci all’esempio di questi due personaggi, la Alcott sembra dirci che l’amicizia tra uomo e donna è impossibile, o perlomeno è possibile fino a un certo punto. L’importante è non venir meno a quell’accordo non scritto che impone una “giusta distanza”.
Amicizie magiche, secondo J.K. Rowling.
Un’altra autrice che ha saputo raccontare molto bene il sentimento complesso dell’amicizia è senza dubbio J.K. Rowling nella saga di Harry Potter (1997-2007). La storia è incentrata sul personaggio di Harry, piccolo orfano che vive con i terribili zii. Il protagonista rievoca personaggi dickensiani come David Copperfield e più in generale quell’infanzia senza diritti e senza speranze tanto cara all’autore di Portsmouth. Nel primo libro, Harry inizia a cogliere in maniera conclamata gli strani poteri di cui aveva sempre avuto sentore. In seguito a questi episodi, il bambino riceve la lettera di ammissione alla Scuola di Hogwarts, in cui giovani maghi e streghe vengono istruiti. Harry scoprirà così un mondo parallelo in cui il suo nome è leggenda: è conosciuto come Il Bambino che è Sopravvissuto, a seguito di un terribile incantesimo lanciato da un Mago Oscuro, Voldemort. A Hogwarts, Harry incontrerà i suoi più grandi amici, Ron ed Hermione, che diventeranno fidati compagni in quello che si rivelerà un importante cammino di studio ma anche di crescita personale, scandito dai terribili attacchi di Voldemort che tenterà ogni anno di uccidere il giovane protagonista. La chiave di volta dei sette romanzi di Harry Potter è proprio l’amicizia tra Harry, Ron ed Hermione: questi tre personaggi sono legati non soltanto da affinità elettive ma anche dalle avventure nelle quali si trovano coinvolti. È una saga fantasy che ci mostra quanto sia importante la condivisione di esperienze determinanti con i veri amici perché solo così è possibile cementare i legami più autentici. La Rowling attribuisce all’amicizia un potere salvifico: è grazie a questo sentimento che Harry e i suoi compagni saranno inevitabilmente sempre più forti dei loro nemici. Un messaggio che ha infuso coraggio nell’animo di tanti giovani lettori e che, in modi diversi, tutti i romanzi sull’amicizia hanno cercato di trasmettere.
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