C’era una volta una ragazza che sognava di vivere di avventure, chiusa nel castello di un uomo mostruoso e dal passato tormentato. Il castello era isolato dal resto del mondo e un giorno …
Più o meno potrebbe essere questo l’inizio de La Bella e la Bestia. Oppure quello di Jane Eyre, il romanzo capolavoro di Charlotte Brontë: in fondo non fa grande differenza.
Le due storie hanno infatti origini diverse, ma sono in fondo molto simili.
Come tutte le fiabe tradizionali, La Bella e la Bestia è antichissima e ne esistono diverse versioni, tutte con elementi comuni. Bella è sempre pura e buona, mentre la Bestia è sempre ricco, mai bello. A un certo punto Bella si separa dalla Bestia, che per questo si ammala terribilmente. I rimorsi di Bella salvano la Bestia, che si trasforma in principe.
In ogni caso, tutte le versioni della fiaba somigliano in modo più o meno evidente a Jane Eyre. Ecco perchè:
Chi avrebbe potuto amare una Bestia?
Belle e Jane sono due ragazze di condizione modesta che si ritrovano -per motivi diversi- chiuse nel castello di un uomo brutto e ricco.
Il castello racchiude sempre un segreto: per la Bestia è una maledizione (e la mitica rosa che ogni fan de La Bella e la Bestia vorrebbe toccare almeno una volta, proprio come Belle), mentre per Edward Rochester è un qualcosa di molto meno magico e fiabesco di nome Bertha Mason: una moglie pazza e piromane, che attenta alla vita degli abitanti del castello.
Nel corso del tempo, la bontà della ragazza riuscirà ad aprire il cuore dell’uomo che si dimostrerà buono e gentile, nonostante la ripugnanza del suo aspetto fisico e il suo carattere all’apparenza arrogante e collerico.
Era davvero una rosa incantata
E la magia? Certo, un romanzo deve pur essere diverso da una fiaba: quindi niente magia. Ma è davvero così semplice?
Ovviamente in Jane Eyre non ci sono tazze e orologi parlanti, ma neanche nella fiaba tradizionale ci sono: Lumière&Co sono tutte invenzioni di casa Disney e non hanno nulla a che fare con la fiaba originale. In Jane Eyre però non c’è nessuna rosa incantata e nessuna maledizione: Edward Rochester è un uomo in carne ed ossa, non un mostro.
Eppure Jane Eyre -come Cime Tempestose della sorella Emily– è ricco di elementi sovrannaturali per via dell’influenza del genere del romanzo gotico sulla sensibilità artistica delle sorelle.
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Per questo, quando da piccola viene rinchiusa dalla zia nella “stanza rossa”, Jane sviene dopo aver visto uscire dal camino una presenza inquietante. Un’altra cosa inspiegabile avviene quasi alla fine del libro: quando Jane si trova presso i cugini Rivers, sente la voce di Rochester che la chiama da lontano (da troppo lontano!) e questo la spinge a tornare a Thornfield Hall.
Mio padre non è un pazzo (neanche un inventore)!
L’infanzia è uno degli aspetti che meno potrebbe avvicinare le storie di Jane e Belle, ma solo all’apparenza. E come dice mamma Disney: “lei lo avvertì di non lasciarsi ingannare dalle apparenze”. Questa volta però è proprio mamma Disney a trarci in inganno perché nelle versioni originali della fiaba Bella non se ne sta felice e contenta con il padre. Suo padre infatti è un mercante (non un inventore!) ed è amorevole -certo- ma distante, perciò Bella è costretta a sopportare i maltrattamenti delle sue tre sorelle (che sono anche di più a seconda delle versioni), invidiose della sua bellezza.
Questa sembra però un’altra storia.
Se si fanno i dovuti riferimenti alla fiaba originale, le somiglianze si moltiplicano. Anche Jane è infatti vittima dei suoi cugini, della zia e di tutti gli altri membri della casa, che non desiderano accettarla nè mostrarle affetto. Altre violenze avverranno a Lowood, la scuola per ragazze povere e orfane dove Jane verrà mandata dalla zia, felice di liberarsi finalmente di lei.
Madame Gaston
Anche se compare per la prima volta nella versione Disney e non nel testo originale, anche Gaston che-di-trofei-casa-sua-deve-tappezzar trova il suo alter ego in Jane Eyre. Questa volta si tratta di Blanche Ingram, la versione ottocentesca e femminile di Gaston.
Bella all’apparenza, ma egoista e vanitosa vuole conquistare Rochester esattamente come Gaston intende conquistare Belle. Anche la sfida “d’amore” è parallela: Blanche Ingram vuole strappare Rochester all’interesse di Jane come Gaston cerca di imporsi sulla Bestia per conquistare il cuore di Belle. Gaston organizzerà così una spedizione per uccidere la Bestia, anche se Miss Ingram non cercherà certo di uccidere Jane; a quello ci pensano già Bertha e le sue manie piromani.
Gaston e Blanche Ingram sarebbero fatti l’uno per l’altra: peccato che le anime gemelle si trovino spesso in libri diversi.
La vera bellezza si trova nel cuore
Ovviamente, Jane Eyre e La Bella e la Bestia non sono la stessa storia, anche se hanno molti echi e riferimenti comuni. Diversi sono il genere letterario, le origini, il contesto storico-artistico in cui sono nate. Il legame più forte tra queste due storie intramontabili è però il messaggio che intendono trasmettere.
Jane Eyre e La Bella e la Bestia insegnano infatti un valore universale: la necessità di andare oltre le apparenze, guardare nel cuore profondo della realtà. Solo così la si può capire e quindi amarla o fuggirla, a seconda dei casi.
Letture per gli amanti di Jane Eyre:
- C. Brontë, Jane Eyre: perchè con le riletture si va nel cuore profondo della storia, senza fermarsi alle apparenze;
- J. Rhys, Il grande mare dei Sargassi: prequel di Jane Eyre che racconta la storia di Bertha Mason, moglie pazza di Rochester;
- B. Pitzorno, La bambinaia francese: prequel/spin-off di Jane Eyre dal punto di vista di Sophie, la bambinaia di Adèle. Si racconta l’infanzia della figlia di Rochester e della ballerina Celine Varens e una sorta di epilogo sulla vita della bambinaia e della ragazzina. Alcuni aspetti del romanzo, tra cui la storia di Bertha Mason, sono rivisti e reinventati.
- J. Fforde, Il caso Jane Eyre: il finale di Jane Eyre è diverso; Jane parte per l’India e abbandona Rochester. Cosa fare? Entrare direttamente nel libro, cambiare finale e combinare il matrimonio!
- J.M.L. de Beaumont, La Bella e la Bestia: si tratta di una delle versioni della fiaba tradizionale, scritta da un’autrice del ‘700 francese e tradotta in Italia da Carlo Collodi.
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