Nel 1824 gli scimpanzé guadagnarono la protezione legale, insieme ad altre specie animali. Soltanto venti anni dopo passò la prima legge che limitava, senza proibire, la violenza contro le donne. Questo è l’ambiente culturale e sociale in cui Mary Wollstonecraft è vissuta.
Io ho avuto la fortuna di conoscerla all’università: mi è stata presentata come “la nonna del femminismo”, purtroppo ad oggi sconosciuta ai più. Un’ombra che si staglia sul nostro passato, ha influenzato il nostro modo di pensare. Ha intuito per prima che le donne non fossero deboli e secondarie all’uomo per natura, ma soltanto a causa dell’educazione che veniva loro imposta.
Eterne minorenni
Ai tempi delle rivoluzioni americana e francese, le donne erano considerate eterne minorenni. Guidate prima dal volere di padre e fratelli, da quello del marito poi, non erano mai in grado di decidere per se stesse, ritenute incapaci di farlo. I loro diritti erano alla stregua di quelli rivendicabili per gli animali. L’uomo di casa doveva controllare la rispettiva moglie, poteva picchiarla all’occorrenza per punire qualsiasi comportamento ritenuto disdicevole. Così era e così era sempre stato nell’immaginario e nella cultura comune, le radici sociali di questi comportamenti erano quasi impossibili da estirpare, radicate a fondo nelle coscienze.
Mary ruminava queste cose nel suo cuore già da ragazza, quando dormiva sul pianerottolo davanti alla soglia della camera di sua madre, per difenderla nel caso – frequente – che suo padre rincasasse ubriaco e si avventasse con violenza su di lei. Sapeva che non era dettata dalla natura la sottomissione della donna, la quale era sì fisicamente più debole dell’uomo, ma non meno intelligente.
Diritti inalienabili
Le sue idee non vennero accolte con favore e le costarono l’isolamento sociale. Non rinunciò a cercare di svegliare le coscienze: sosteneva che gli uomini e le donne sono uguali, tutte le persone hanno gli stessi diritti, la ragione umana e la capacità di amare possono cambiare il mondo. Tutte le persone hanno diritto alla giustizia e alla libertà: in particolar modo, quelle lasciate come ultime.
Attraverso i suoi scritti ha lasciato correre il suo pensiero ben oltre quella che è stata la sua vita, rendendolo immortale ed attualissimo anche ai nostri giorni. Come un sasso lanciato nell’acqua, si sono formati cerchi che sono andati ampliandosi, lasciando un’importante eco per la strutturazione del pensiero femminista.
Un amore non corrisposto
Proprio all’interno della sua cerchia di pensatori si nascondeva la trappola più banale e convenzionale per una donna, di qualsiasi epoca e ceto: un amore non corrisposto. Un attraente uomo d’affari americano, dedito all’avventura ed alle lettere, un eroe romantico agli occhi di Mary: Gilbert Imlay. Inizialmente divampò una passione condivisa da entrambi, la quale li portò a trasferirsi in breve tempo a Le Havre per vivere insieme. Da questa sconvolgente passione nacque una bimba chiamata Fanny. Ma la noia arrivò presto per Imlay, che abbandonò Mary senza remore, lasciandola col cuore spezzato. Nonostante la sua grande forza intellettuale, Mary mise da parte i suoi ideali di indipendenza e integrità, cercando in tutti i modi a riportare a sé l’amato. Arrivò persino a proporgli un menage a trois con la nuova compagna, ma ottenne soltanto umilianti rifiuti.
Una piccola Mary
Il dolore non conosce regole e ne rinnega anche la sovversione. Dopo un paio di anni, Mary Wollstonecraft conobbe William Godwin, filosofo con ideali simili ai suoi. Una profonda amicizia si trasformò presto in un sentimento che lui descrisse come molto profondo e puro nei numerosi biglietti che si sono scambiati, anche se alcune biografie di Mary hanno giudicato questo rapporto come una mera compensazione.
Entrambi disapprovavano il matrimonio come istituzione, in quanto indeboliva ancora di più i diritti della donna e la relegava a uno stato di schiavitù consensuale e socialmente accettata. Nonostante questo, quando all’orizzonte si prospettò la nascita di un secondo figlio, cambiarono le loro idee piegati dalle necessità, riconoscendo alla società quel potere che avevano cercato di negarle.
Dopo una serie di scelte impreviste e di avvenimenti che avevano portato Mary lontana da dove avrebbe voluto, soprattutto a livello ideale, nacque una seconda piccola Mary; anni dopo, sarebbe diventata la grande Mary Shelley, autrice dell’immortale “Frankenstein”. La madre non accettò la presenza di medici uomini accanto a lei durante il parto, desiderando di essere assistita soltanto da un’ostetrica, in un ultimo disperato tentativo di indipendenza. Una quindicina di giorni dopo morì di setticemia, lasciando una grande eredità di sogni disattesi per una bambina che avrebbe imparato a leggere dall’epitaffio scritto sulla sua tomba.
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